LO SGUARDO DEL CIELO testo e regia di Giovanna Facciolo con Tadema De Sarno Prignano, Valentina Curatoli (Giulia Pica), Liuba Scudieri (Francesca Caracciolo) luci di Carmine Pierri Esigenze tecniche: pedana / palcoscenico 7x7x5 - kw impegnati 20 Età consigliata: 6 - 10 anni Non si vedono più le stelle. Ormai sono anni che il fenomeno si è verificato: il cielo ha chiuso i suoi occhi sul mondo. Perchè?
In un’epoca indefinita, tra l’allarme generale degli studiosi e la cinica rassegnazione dell’umanità, tre personaggi disarmati si incontrano al limite del mondo, là dove è possibile vedere "l’infinito per intero". Tre vite che si incontrano e si scontrano liberando mancanze, bisogni non detti, paure, sogni e sentimenti che non trovano posto in un mondo che non guarda più in alto per ritrovare il proprio significato. Spinti dall’inesauribile bisogno di meraviglia e di leggerezza, daranno vita a poetici tentativi per ritrovare "lo sguardo del cielo". Per millenni l’uomo è vissuto in simbiosi con le stelle che regolavano la sua esistenza e i cicli della sua attività. Da sempre ha avuto bisogno di scrivere nel cielo storie che, riflettendoli come in uno specchio, rappresentavano significati profondi della propria esistenza e dei propri sentimenti. Ma oggi il cielo ha perduto ogni funzione. Sappiamo ancora guardarlo a questo modo? Temi prevalenti Cercare le stelle, fra i tanti contenuti possibili e leggibili, può significare innanzitutto ritrovare quell’infanzia che oggi viene sempre più negata attraverso sia i macroscopici meccanismi di sfruttamento mondiale, sia attraverso realtà di emarginazione, solitudine, negazione dei bisogni, deprivazione affettiva che si verificano anche dietro l’angolo di casa nostra. Le tre protagoniste sono un po’ personaggi simbolo che si portano dietro realtà di questo tipo: una vende “lucine” per strada, ma vorrebbe appenderle in cielo per fare ritornare le stelle; un’altra si è lasciata alle spalle una guerra dove ha perso tutto, anche le parole; l’altra vive in una condizione di mancanza d’affetto. Le loro mancanze le spingono a cercare ancora quella parte magica, di sogno, di speranza che le stelle rappresentano, quella parte irrisolta, ma impellente, che chiede di esistere, e per trovarle queste “stelle” - che se ne sono andate inorridite per ciò che vedono da lassù - si raccontano l’una all’altra attraverso i propri modi di essere, opposti, provocatori, ma che le spingono ad uscire dalla solitudine dei loro drammi. E la’ ritrovano la leggerezza dell’infanzia che riesce a trasformare anche le situazioni più pesanti. E lo faranno “per tutti, anche per chi non ci riesce più o per chi non ci ha mai provato”. Caratteristiche teatrali In scena c’è un deserto, una radio nascosta tra un cespuglio (che reca notizie del normale incubo quotidiano dell’infanzia: neoschiavismo nelle fabbriche dell’Estremo Oriente, la tragedia dei meninos de rua brasiliani...), qualche tronco abbandonato e un cielo, un cielo grande, enorme, ma vuoto. Linguaggi teatrali utilizzati Teatro d’attore, pantomima, danza, musica, silenzi, sguardi, smorfie, gioco che reinventa un cielo scomparso con cui dialogare. |